Women in Animation (WIA) è una organizzazione no profit nata nel campo dell’animazione da artiste professioniste per le donne che vogliono diventare professioniste e per quelle che lo sono già.
La loro missione? Supportare le donne in un campo artistico che, per tradizione, è a prevalenza maschile.
Se pensate al disegno ed all’arte, verrebbe istintivamente da pensare che sia una disciplina attribuibile maggiormente al genere femminile. Eppure, come in altri campi, anche in quello artistico sembra proprio che le donne facciano fatica ad affermarsi al pari dei colleghi: basti pensare che vi è una donna ogni quattro uomini nel mondo dell’animazione!
Alla VIEW Conference di Torino abbiamo assistito alla presentazione di WIA, l’organizzazione che ha come obiettivo quello di andare a ridurre il divario di genere in campo artistico.
A presentare il panel è stata Jinko Gotoh (presidentessa del supporto delle varie sedi internazionali di WIA), affiancata da Kim White, Eleanor Coleman, Deborah Fowler, Mikki Rose e anche Mark Osborne (regista de Il Piccolo Principe, di cui potete leggere qui maggiori informazioni).
Sì, vi era presente anche un uomo! Infatti è importante sottolineare che essere femministi, dunque sostenere il femminismo, non significa credere che la donna sia superiore all’uomo. Significa credere e supportare i pari diritti e ed opportunità per entrambi i sessi!
Pertanto, non stupitevi se un uomo come Mark Osborne fosse presente alla presentazione: egli stesso nella sua intervista ha evidenziato l’importanza del ruolo femminile, di cui grande ispirazione gli è stato Hayao Miyazaki; ed anche Jorge R. Gutiérrez, creatore de Il Libro della Vita, è un fervido femminista e credente nella causa (potete leggere la sua spassosa ed illuminante intervista qui)!
Pensate infatti che le ragazze che si iscrivono nelle Università di Arte sono circa il 60% della popolazione studentesca totale. Tuttavia, solamente il 20% della quota femminile riesce ad accedere al mondo del lavoro. Come si spiega questo enorme divario?
La WIA punta pertanto a cercare di diminuire sempre di più questa differenza: il primo passo da fare è quindi quello di istruire ed informare le donne a riconoscere questa dis-parità! La consapevolezza è il primo step da compiere verso un potere sempre maggiore, più libero e più alla pari.
Un’impresa sicuramente difficile e ricca di ostacoli, ma non impossibile! Agire e muovere le coscienze, soprattutto quelle delle donne stesse troppo ingabbiate da antichi stereotipi di genere, è non solo necessario ma anche doveroso. Tanto che si stima che nel 2025 (quindi ancora tra 10 anni) si riuscirà ad avere parità a livello lavorativo nel campo dell’animazione: il 50% degli artisti saranno donne!
Perché il talento esiste indipendentemente dal genere.
E prima di passare all’intervista con Jinko Gotoh e Kim White, vi lasciamo una perla di Walt Disney stesso in persona sulla questione femminismo. Giusto per dare uno smacco a tutti quelli che “Walt Disney odiava le donne! Era misogino!”:
“Se una donna è in grado di svolgere il lavoro (come un uomo), dunque vale tanto quanto un uomo. Le artiste hanno il diritto di avere le stesse opportunità di promozione dei colleghi, ed io credo fermamente che le donne possano addirittura contribuire con qualcosa in questo campo di lavoro che gli uomini mai vorranno o potranno fare.”
-Walt Disney-
In seguito alla presentazione, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare due professioniste del campo: Jinko Gotoh (Space Jam, Dinosauri, Alla Ricerca di Nemo, Il Piccolo Principe) e Kim White (A Bug’s Life, Monsters & Co, Alla Ricerca di Nemo, Ratatouille, Toy Story 3, Inside Out)
Disponibili, gentili e quasi imbarazzate all’apparenza, queste donne si trasformano in guerriere determinate quando si parla di gender equality. Ecco le loro risposte!
Quali sono state le difficoltà maggiori che avete avuto nella vostra carriera nel campo dell’animazione, che è maggiormente maschile?
Kim: Parlando per me, ricordo di avere spesso pensato “Non posso farcela!”, capite? Piuttosto che dire a me stessa che potevo farlo, mi dicevo che non ero abbastanza brava. Ma mi sono applicata e sono stata assunta (alla Pixar, ndr). C’erano altre donne che vi lavoravano, però credo che per me la difficoltà maggiore sia stata smettere di pensare a come poter fare le cose ed iniziare a farle, piuttosto. Questo è stato l’ostacolo maggiore per me!
Jinko: Per me invece è stato quando ho terminato la scuola ed era appena uscito Toy Story. Si è trattatata di un’attesa molto lunga, perché mi chiedevo “Ma quando potrò davvero fare parte di questo business?” Perciò la cosa più dura per me è stata aspettare! Volevo avere quelle opportunità, lavorare su quei film anche io. Ricordo che mentre guardavo Chi Ha Incastrato Roger Rabbit? ne ero completamente affascinata! Alla fine Space Jam è stato il primo film al quale ho lavorato!
In Italia capita tuttora che le donne vengano discriminate sul posto di lavoro, o percepiscano uno stipendio inferiore rispetto ai colleghi o ancora vengano licenziate nel caso in cui scelgano di diventare madri. Questo accade anche nel mondo dell’animazione? Siete a conoscenza di episodi simili?
Kim: Non ho mai avuto esperienza di cose simili. Fortunatamente per noi, ci sono leggi che tutelano le donne in maternità dall’essere licenziate sul lavoro, anche se tristemente i datori di lavoro spesso trovano delle scusanti alternative con cui mandare via le dipendenti incinte. Ho un’amica che un’insegnate di Animazione e partecipa a molti eventi: festival, musei e cose simili; lavora all’università pubblica, perciò riceve soldi dallo Stato. E sapete cosa? Le danno uno stipendio più basso rispetto ai colleghi che hanno assunto da poco, appena usciti dalle università!
E ha fatto sentire la propria voce, ha alzato un polverone e ce l’ha fatta. Però succede, anche se sei in accademia e sei una professionista. E per noi è difficile perché i nostri stipendi non sono pubblici e non puoi chiedere ai colleghi (a bassa voce) “Ehi, Jinko, quanto guadagni?”
Jinko: Sì, sono d’accordo con lei! Beh, poi per fortuna ci sono delle Leggi contro la Discriminazione Sessuale ed io spero che questo possa proteggere almeno il 95% delle donne. Però ci sono situazioni sul lavoro dove le persone sono discriminate per il genere, il colore delle pelle… E le donne hanno soprattutto paura a chiedere o farsi valere. Pertanto quello che consiglio io di fare in queste situazioni è quello di assumere un avvocato. O un manager o qualcuno che sia bravo a proteggerle ed a tutelarle. E questo è di aiuto a moltissime donne!
Kim: Non so ragazze se voi qui avete delle leggi, ma comunque si posso anche organizzare dei gruppi di sostegno!
In Italia esitsono delle leggi e dei movimenti per aiutare le donne, tuttavia i processi e le tempistiche sono davvero lente. Per cui spesso non si fa niente e le donne italiane stesse restano come ingabbiate in questo stesso pensiero retrogrado.
Kim: Però qualcosa sta cambiando, questo è quello che conta. Per esempio, mia madre venne licenziata quando mi stava aspettando. Ed ora invece ci sono queste leggi che tutelano le donne come lei, come me e come voi! Continuate a lavorare sul cambiamento, è possibile.
Jinko: Ci vuole molto tempo per cambiare le cose, ma accade. Noi lo vediamo il cambiamento. Non avviene in una notte, ma bisogna continuare a lottare. Ho giusto visto un documentario l’altro giorno che parlava di come nel 1995 le impiegate di una fabbrica islandese decisero di scioperare per i loro salari troppo bassi. E con questo gesto hanno fatto capire al Governo che c’era un problema! Ed ad oggi l’Islanda è uno dei migliori paesi al mondo che può vantare la parità di retribuzione tra uomini e donne. E’ stato davvero interessante!
Kim: Soprattutto è importante incoraggiare le donne a supportare altre donne. La nostra società e cultura spesso ci spinge ad essere competitivi e questo non va bene. Ci fa pensare di dover stare attente alle nostre colleghe che sono in ufficio con noi, piuttosto che di notare quanto siano brave e competenti nel lavoro. Ed invece io vorrei che ci si dicesse “Ehi, s