47 anni fa si spegneva Walt Disney, il rappresentante dell’infanzia degli ultimi due secoli.
Walter Elias Disney morì il 15 dicembre 1966, appena affacciatosi ai 65 anni.
Nell’estate di quell’anno avevano diagnosticato a Walt un tumore al polmone sinistro, che fu curato nell’ospedale Saint Joseph, situato di fronte agli studi Disney di Burbank ( California ), ma la sua salute in autunno peggiorò sempre di più, finché, 47 anni fa, non morì di arresto cardiocircolatorio alle 9:30 circa secondo il fuso orario locale.
Memorabile fu il commento dell’allora governatore della California ( e successivamente presidente degli Stati Uniti ) Ronald Reagan: «Da oggi il mondo è più povero».
Walt e il presidente Reagan vengono ricordati soprattutto per aver testimoniato insieme il 20 ottobre 1947 di fronte alla House Un-American Activities Committee sulle infiltrazioni comuniste di cui l’industria cinematografica americana a quei tempi pullulava.
Il giornale Epoca pubblicò, in occasione della scomparsa di Walt, una copertina con Topolino che piangeva.
Il fratello di Walt, Roy Oliver, costruì il primo parco Walt Disney World in Florida, cambiando il nome ( che prima era Progetto Florida ) in onore del fratello, dichiarando: “Sarà Walt Disney World, così la gente saprà sempre che questo è stato il sogno di Walt”.
Quest’idea nacque dal desiderio di voler aprire un parco che fosse semplicemente una versione molto più grande di Disneyland ( la cui prima apertura si ebbe il 17 luglio 1955 ).
Roy non poté, però, fare un granché, perché ci lasciò il 20 dicembre 1971, poco prima di tenere un discorso antecedente alla parata di Natale a Disneyland.
Finanziò sempre quelle che erano le idee del fratello, essendo il suo partner d’affari, ma l’amministrazione degli Studios passò, alla morte di Walt, a Ron Miller, marito della primogenita Diane, perché Roy volle abbandonare le redini dirigenziali per stabilizzare il suo incarico sul piano economico. Gli Studios non furono dati in eredità al figlio di Roy Oliver perché Walt non nutriva una grande simpatia per lui, sebbene abbia comunque, successivamente, egregiamente lavorato per l’azienda di famiglia.
Dopo la morte di Walt, si produssero Gli Aristogatti, film che non doveva tradire gli ideali canonici del fondatore degli Studios e nemmeno il pubblico, ma doveva anche avere la qualità che portò gli altri film a diversi Oscar: un’impresa più che ardua.
Il libro della Giungla fu l’ultimo film ad essere supervisionato da Walt, anche se, vista la malattia, non poté contribuire tanto attivamente quanto negli altri lungometraggi.
Le cose a cui tendeva Ron Miller, però, furono: un classico ogni tre-quattro anni ( a differenza della media lavorativa di Walt, che era uno ogni uno-due anni ), parecchi live action e apertura di diversi parchi.
La gestione di Ron, però, fece rimpiangere ai Disney Studios i tempi dell’amato Zio Walt: il nuovo programma produttivo non piacque né ai suoi dipendenti né al pubblico, e ben presto l’azienda entrò in crisi. Nonostante tutto, Ron decise di aprire una nuova divisione produttiva: la Touchstone Pictures.
La nuova casa di produzione esordì alla grande nel 1984 con Splash – Una sirena a Manhattan ( diretto da Ron Howard ), che parlava di una sirena di Manhattan innamorata del terrestre che l’ha salvata dal rischio di finire in un acquario, e quattro anni dopo se ne ottenne anche un sequel per la tv, dato che al pubblico piacque molto… Ma ciò non cambiò le cose. Infatti il 9 marzo 1984, data di uscita del film, Roy Edward Disney, figlio di Roy Oliver, diede le dimissioni dal suo incarico.
Non era mai stato il preferito dello zio ( corre infatti voce che fosse chiamato da Walt stesso “Il nipote scemo” ), ma Roy Edward si preparò a quella che, dal punto di vista personale, fu vista come una guerra.
Infatti, Roy Edward non tardò a contattare un avvocato di nome Stanley Gold e il vicepresidente della Warner Bros, Frank Wells, il cui intento comune era far ripartire la Disney. Per prima cosa, contattarono Michael Eisner ( che a quei tempi dirigeva la Paramount ), per cercare di farlo diventare il presidente dei Disney Studios al posto di Ron Miller. Essendo Roy azionista, e quindi non avendo perso del tutto la voce in capitolo, ci riuscì con passaggi molto lenti e faticosi, aiutato anche dai suoi sostenitori nel consiglio di amministrazione e dal calo in borsa delle azioni dell’azienda.
Roy fermò l’idea di un acquisto in blocco della Walt Disney Company da parte di chi l’avrebbe suddivisa in parti e usato le sue produzioni puramente a scopo di lucro, vendendo ( o svendendo? ) così tutto il lavoro di Walt e i suoi sogni.
Nel 1984, però, Miller fu estromesso e Roy rientrò alla Disney, portando con sé Frank Wells, Michael Eisner e Stanley Gold, eleggendo qualche settimana dopo Eisner come presidente degli Studios.
In poco tempo, Roy passò da essere “il nipote scemo” al salvatore finanziario e produttivo dell’intera azienda. Eisner, dal canto suo, fece di tutto per tornare al vecchio splendore Disneyano che tutti ormai conoscevano e rimpiangevano, partendo dal lato finanziario e proseguendo per ogni ambito inerente alla Walt Disney Company. Grazie al cambiamento di Eisner, nacquero Chi ha incastrato Roger Rabbit? e Oliver & Company, presentanti una notevole innovazione nella computer grafica. Quest’ultimo, in particolare, presentò il ritorno alle fiabe Disney dopo un trentennio di assenza.
Ovviamente, poi, l’azienda dal lato tecnico si è evoluta e continua ad evolversi tantissimo, lasciando spazio alle tecniche più disparate di disegno e di computer grafica, tanto da ricevere l’accusa di badare troppo alla tecnica e molto meno ai contenuti ( accusa che, come noi Disneyani sappiamo bene, è alquanto infondata ).
Con Eisner l’animazione cara a Walt ha ripreso vita, tornando a produrre lungometraggi d’animazione di ottima qualità sotto ogni aspetto.
Purtroppo, Eisner ha dato le dimissioni nel 2005, e il 16 dicembre 2006, quarant’anni e un giorno dopo la morte di suo zio, si è spento Roy Edward Disney a 79 anni a causa di un cancro.
Questi sono gli uomini che hanno segnato la storia della Walt Disney Company, della nostra infanzia e del nostro mondo di oggi. Dopo la scomparsa di Walt la Disney ha subito diverse controversie, eppure, grazie ai suoi successori, siamo riusciti a ricevere i valori che voleva trasmetterci sull’importanza dei sogni, dell’amicizia e dell’amore.