Biancaneve e i Sette Nani fu il primo Classico Disney
in assoluto, risalente al 1937.
In quel periodo gli americani avevano appena eletto come loro presidente Roosevelt con il suo New Deal, un piano di riforme economiche e sociali che doveva far fronte alla crisi che aveva investito l’America dal 24 Ottobre 1929 quando, in quel maledetto “giovedì nero”, la borsa di Wall Street crollò. Da qui in poi finalmente si cominciò a vedere un briciolo di speranza e tutto questo, ovviamente, si rifletté nelle istituzioni sociali. Nel campo della moda tornarono ad essere protagonisti il tacco alto e il punto vita e, sotto l’influsso della crisi economica, la donna sceglieva di vestire in modo più sobrio tornando ad accentuare le forme femminili. Nel make-up si prediligevano le labbra, scegliendo rigorosamente rossetti rossi, l’incarnato veniva truccato con ciprie dai toni molto chiari, blush rosa chiaro o pesca, mentre sugli occhi si utilizzavano ombretti color pastello, allungando le ciglia con tantissimo mascara nero. Le acconciature avevano righe laterali e i capelli venivano agghindati in larghe onde. Tutto questo si manifestò anche nel cinema. Biancaneve, inoltre, ricopriva perfettamente il sogno sociale delle donne di quegli anni: una bellissima e premurosa regina della casa. Si vede benissimo nel film, quando rassetta la casetta dei nanetti e si prende cura di loro come fossero suoi figli. L’emancipazione della donna è ancora una cosa lontana e l’ingenua Biancaneve è la prima di una lunga serie di Principesse a trovare il lieto fine attraverso l’arrivo del suo Principe. Ma vediamo gli aspetti più tecnici: realizzato con l’animazione tradizionale fu il primo lungometraggio animato a colori prodotto in America. Varie peripezie accompagnarono questo Classico e Walt Disney dovette combattere per ottenerne la produzione. Sia suo fratello e socio in affari Roy Disney che la moglie Lillian tentarono di convincerlo a lasciar perdere, senza successo e l’industria cinematografica di Hollywood si riferì beffardamente al film come “Follia Disney”. Disney dovette addirittura ipotecare casa sua per contribuire a finanziare la produzione, che alla fine arrivò ad un costo totale di quasi 1.500.000 dollari: una somma enorme per un lungometraggio all’epoca. Prima di realizzare i disegni, in alcune scene fu necessario riprendere in live-action, con attori in carne ed ossa, di modo che gli artisti potessero avvicinarsi alla realtà quanto più possibile. Così per la nostra protagonista fu presa come modello la figlia di un maestro di ballo di Los Angeles, Marjorie Belcher (nota successivamente anche come Marge Champion), allora sedicenne. I suoi movimenti aggraziati furono filmati per poi essere utilizzati per la realizzazione del lungometraggio mediante la tecnica del rotoscope (il disegnatore ricalca le scene dalla pellicola filmata). Ma non solo, a Grim Natwick venne dato il ruolo di animare la protagonista, ispirandosi volutamente ad una sua precedente creazione: Betty Boop per i Fleischer Studios. In originale fu doppiata da un’attrice statunitense con origini italiane, Adriana Caselotti. Alla fine, il film debuttò al Carthay Circle Theatre il 21 dicembre 1937 ricevendo una standing ovation al termine della proiezione. Divenne un grande successo al botteghino, incassando quattro volte di più di ogni altro film uscito nel 1938. Grazie ad esso, Disney vinse nel 1939 un Oscar alla carriera per il film, riconosciuto come “una significativa innovazione sullo schermo che ha affascinato milioni di persone ed è stato il pioniere in un importante campo dell’intrattenimento”.
Il merchandising ha reso possibile una serie di restyling per Biancaneve, adeguandosi sempre di più ai giorni nostri, eccone alcune versioni:
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